Spesso ci dimentichiamo il ruolo della memoria nella nostra vita. Senza memoria non torneremmo a casa, non riconosceremmo i nostri cari, non avremmo più difesa da quello che ci fa male.
In estrema sintesi possiamo considerare la memoria come un processo di riconoscimento e difesa del sé e dell’altro da sé, anche se la memoria è molto altro.
Per lavoro, per piacere o per necessità di vita andiamo continuamente in macchina e vediamo le solite scene urbane, dalle miserie rappresentate dalla cementificazione e dai rifiuti abbandonati, alla magnificenza dei monumenti storici e dei nostri paesaggi italici.
A volte ci imbattiamo in zone mai prima esplorate, e là l’occhio è necessariamente e spontaneamente più vispo. Ecco che allora notiamo un qualcosa di inconsueto, un elemento nuovo.
Così è capitato a me, nella frequentazione dei dintorni di Roma, durante il girare e rigirare sul grande raccordo anulare e sulle strade statali e consolari.
E quel qualcosa di nuovo che ha catturato la mia attenzione è rappresentato dai “bunker” costruiti durante la Seconda guerra mondiale: ma quello è un “bunker”! Ho visto un “bunker” proprio come quelli nei film di guerra! Ma a Roma??
Ecco la memoria… sappiamo della guerra a Roma negli anni ’40 del Novecento, ma abbiamo rimosso questo sapere dal nostro quotidiano, come se i luoghi della città fossero stati “ripuliti” dagli anni e dallo sviluppo “muscolare” urbano. Inoltre quanti con il programma scolastico di storia si saranno fermati si e no alla prima guerra mondiale… quindi cosa sappiamo veramente della storia di Roma e dei suoi cittadini negli anni della guerra? Poco o niente … la memoria… e i testimoni che hanno vissuto quegli anni feroci, oramai, sono tristemente sempre di meno, forse solo alcuni di noi hanno sentito parlare dei fatti accaduti da parenti, amici o conoscenti che hanno vissuto quei mesi, delle difficoltà affrontate, della perdita dei loro cari, mentre altri avranno visto film o letto libri per interesse personale o per studio. A me è capitato di sentire storie da anziani che hanno vissuto quell’epoca, storie di persone che in pieno inverno, da paesini dell’entroterra abruzzese, sono giunte fino a Roma in parte a piedi ed in parte con mezzi di fortuna… A piedi di inverno per sfuggire alla fame, alla guerra, ai soprusi!
Sull’onda emotiva di questi racconti e animato da un vivo interesse per quei fatti e per le persone che li hanno vissuti, nasce la decisione di creare questo sito, che vuole dare un piccolo contributo alla memoria di quei dolorosi mesi. Riconosco che ce ne sono già di ottimi, ma sicuramente melius abundare quam deficere!
Nel ripercorre la storia dei “bunker” di Roma l’intento è quello di mantenere viva la memoria dei quegli eventi affinché non si dimentichino gli orrori generati dal sonno della ragione. La storia è lezione di vita e non aver memoria di cos’è accaduto in Italia e a Roma in quel periodo è come negare la follia del nazifascismo. Non diamo per scontati concetti quali la libertà personale. La libertà va difesa attivamente, non è certo un qualcosa di acquisito per sempre che si può lasciare lì da una parte pensando sia al sicuro. Memoria e libertà, memoria è libertà. Dobbiamo ricordare il sopruso di pochi perpetrato su tanti, deboli e inermi, solo per attuare un folle piano di suprematismo religioso, razziale ed etnico. La memoria del dramma per evitare che esso riaccada. Pensiero corrosivo che non ha lasciato tregua ad un gigante come Primo Levi. Se non proviamo disprezzo, disgusto, sgomento, sdegno e dolore per quegli eventi siamo destinati a imbatterci nel nefasto ritorno di tempi bui. Ferite che non devono essere rimarginate, lacrime che non devono essere asciugate. Il tempo lenisce le ferite, ma obnubila i ricordi…
Proprio nell’intento di mantenere viva la memoria trovo si debba considerare un atto di inciviltà e stupida sciatteria abbandonare i “bunker” alle intemperie, agli atti di vandalismo, al degrado, all’azione fagocitante degli arbusti e dei rovi. Le nuove generazioni devono sapere cosa è successo, ne devono essere consapevoli ed i “bunker” possono quindi rappresentare le sentinelle della memoria di una pagina dolorosa della nostra storia.
Lottare per mantenere viva la memoria storica collettiva fa parte del senso civico di una nazione. Le istituzioni locali e nazionali dovrebbero attivarsi con più forza e determinazione. Queste sentinelle devono essere curate e deve essere riconosciuto il loro valore! Mi attiverò con altri appassionati e storici per raggiungere uno status di protezione legale di beni artistici ed architettonici. In molti casi ci vuole poco: volontà, una ramazza, un decespugliatore… Così la città avrà cura attiva della propria memoria.